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EDITORIALE DELLA SETTIMANA

Il caso Fipronil e la medicina veterinaria

Il caso Fipronil e la medicina veterinaria
La presenza in Olanda e Belgio di uova e alimenti derivati contaminati da Fipronil, un insetticida il cui impiego non è consentito in zootecnia, ha innescato una nuova crisi a livello europeo. La crisi vede coinvolti allevamenti di galline ovaiole in numerosi Paesi europei tra i quali quelli italiani. Le verifiche in corso da parte delle ASL e dei Carabinieri del NAS stanno infatti portando alla luce positività analitiche su uova prelevate presso allevamenti nazionali e, in alcuni casi, la presenza di contenitori contenenti l’insetticida pronto per l’impiego.   

Mentre gli esperti e la stessa Commissione continuano a sostenere che la presenza di Fipronil, ai livelli riscontrati, non comporta un pericolo per la salute pubblica, gli allevamenti che risultano aver utilizzato il Fipronil o altri insetticidi vietati nelle galline ovaiole sono sottoposti al divieto di commercializzazione delle uova ed all’obbligo di ritiro dal mercato delle uova precedentemente commercializzate.  Il ritiro viene esteso anche ai prodotti alimentari eventualmente realizzati con le uova o gli ovoprodotti risultati contaminati oltre i Limiti Massimi Residuali stabiliti dalle normative, causando significativi danni economici e preoccupazioni per i consumatori.

In un recente incontro presso la Commissione europea, uno dei Paesi partecipanti richiamando le difficoltà degli allevatori di ovaiole nel controllo dell’acaro rosso (Dermanyssus gallinae), in grado di provocare sofferenza alle galline, con riduzione della ovodeposizione e la morte di una percentuale di soggetti, legate alla carenza di biocidi autorizzati, ha chiesto la possibilità di adottare il sistema “a cascata” di cui alla Dir. 2001/82/CE per consentire l'uso di principi attivi alternativi come il Fipronil (autorizzato in prodotti per cani e gatti) o l’Amitraz (prodotto autorizzato per il suino), a seguito del rilievo di assenza di principi attivi o di perdita di efficacia del Foxim, unica molecola autorizzata a livello europeo ma registrata solo in 12 Stati. La Commissione ha ribadito che in presenza di uno o più principi attivi autorizzati a livello nazionale, il trattamento deve essere effettuato con una di queste sostanze a meno che non siano emersi da rapporti di farmacovigilanza evidenze di insorgenza di fenomeni di resistenza ad oggi non pervenuti per il Foxim. In ogni caso, poiché il Fipronil non è classificata come "sostanza ammessa" per gli animali allevati per la produzione di alimenti, il suo impiego non poteva e non può essere considerata un'opzione di trattamento negli allevamenti di galline ovaiole nei quali, dal 18 agosto è direttamente utilizzabile in tutti gli Stati membri, per la lotta all’acaro rosso, un nuovo principio attivo: il Fluralaner.  Alla luce dei dubbi sollevati è stato richiesto ai Paesi membri di comunicare alla Commissione eventuali autorizzazioni nazionali all’uso, negli allevamenti di galline ovaiole, di biocidi come: Cypermetrina, Alfa-cypermetrina, Fipronil, Piriproxifene e Tiametossam.

E’ inevitabile che sia nuovamente messo sotto accusa il sistema dei controlli veterinari: in un contesto, che a posteriori appare ben conosciuto dagli addetti, caratterizzato da una scarsa disponibilità di prodotti antiparassitari autorizzati e di un impiego dell’unico biocida utilizzabile non sempre efficace a causa di errori o di condizioni igieniche non ottimali, con effettive difficoltà, soprattutto per le galline allevate a terra, a difendere gli animali dalla aggressione dell’acaro rosso, la veterinaria pubblica e privata non è stata in grado di affrontare la problematica o almeno di proporre un confronto tecnico scientifico trasparente. 

Questo ha lasciato in alcuni casi spazio a scelte in grado di produrre risultati nel breve ma di mettere a rischio, come purtroppo avvenuto, la credibilità dell’intero settore. 

Potrebbe trattarsi di un caso non isolato: il trend inarrestabile di riduzione dell’impiego di antibiotici, antiparassitari negli allevamenti, legato ai fenomeni di antibiotico-resistenza ed alle esigenze di marketing e dell’opinione pubblica, rischia di aumentare l’impatto di patologie infettive o infestive con riduzione del benessere degli animali e delle produzioni tali da spingere gli allevatori alla ricerca di soluzioni alternative che dovrebbero essere “orientate” verso un progressivo miglioramento delle condizioni di allevamento e di biosicurezza.

Si tratta di una delle sfide per il futuro della veterinaria nelle filiere alimentari che dipende dalla consapevolezza e dalla capacità di collaborazione tra i medici nell’ambito e nel rispetto dei rispettivi ruoli ma anche nella creazione di maggiori opportunità di confronto con i produttori.


Bartolomeo Griglio
Presidente AIVEMP

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