• Utenti 10
  • Articoli pubblicati dal 4 novembre 2001: 30808
EDITORIALE

One Health in debito professionale

One Health in debito professionale

Il cambiamento climatico, l'innalzamento delle temperature, ha dirottato vettori insidiosi che un tempo erano confinati nelle regioni più calde. La Medicina Veterinaria funge da barriera sanitaria perchè ha la prevenzione del rischio nel suo DNA Professionale. 

Già nel secondo Millennio, in letteratura scientifica si incontrava l’espressione “one medicine” per intendere una sola medicina per l’uomo e per gli animali. Numerosi studi comparati, ad esempio in campo oncologico, consentivano ai ricercatori e ai medici di scambiarsi evidenze, dati e conoscenze di reciproca utilità. L’esposizione di persone e animali al medesimo contesto ambientale veniva già individuato come un fattore comune, causale o predisponente, per l’insorgenza di neoplasie. La triade salute-medicina-ambiente si era già palesata nel secolo scorso anche se soltanto agli ambienti scientifici e medici.

Oggi si parla di “one health” con una espressione più comprensibile anche per i non addetti ai lavori, di portata globale e non a caso codificata in lingua inglese. L’emergenza climatica ha fatto sì che l’interdipendenza sanitaria fra uomini e animali venisse estesa a un terzo protagonista: l’ambiente. “one health” è quindi un principio triangolare che chiama in causa tutti gli esseri viventi e tutti gli eco-sistemi. Il cambiamento climatico, in particolare l’innalzamento delle temperature, ha dirottato verso Nord vettori insidiosi che un tempo erano confinati nelle regioni più calde, portatori di rischi sanitari come  la Leishmaniosi (veicolata da un pappatacio non dai cani) la Febbre del Nilo (portata dalle zanzare), l’influenza aviaria (trasportata da uccelli migratori che hanno alterato le rotte stagionali), ecc. Questi rischi sono presidiati dalla Medicina Veterinaria, pubblica e privata, che funge da barriera sanitaria e che ha la prevenzione del rischio nel suo DNA professionale. Aggiungo che l’Italia ha uno dei modelli di prevenzione veterinaria fra i più validi del mondo, ma presto andrà in deficit professionale e dovrà essere ripopolato di nuovi Medici Veterinari.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE) ha dato una definizione di “One Health” che informa tutte le politiche legislative, sanitarie e alimentari globali (UE, FAO, OMS). E’ La seguente: "One Health è un approccio integrato e unificante che mira ad equilibrare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi e che riconosce che la salute dell’uomo, degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell’ambiente in generale (compresi gli ecosistemi) sono strettamente collegati e interdipendenti”.  Questo approccio- che ritroviamo calato nel nostro PNRR- mobilita molteplici settori della società e dell’economia.

Il Medico Veterinario è presente in tutti questi settori, anche in quelli meno prevedibili. Infatti, se è ovvio per tutti che il Medico Veterinario curi gli animali, meno ovvio è che egli sia un importante attore della prevenzione sanitaria e dello sviluppo dell’export alimentare. Ancor meno ovvio, per l’opinione pubblica, è pensare alla nostra professione anche nella riduzione dell’impatto ambientale e degli sprechi alimentari. Più grave è che la vastità d’azione della professione medico veterinaria venga sottostimata dalle istituzioni preposte e persino, mea culpa,  dalla nostra stessa categoria.

La pandemia da Covid-19 ha portato in auge il principio “one health” allargandolo alla dimensione globale (One Planet) e ha reso comuni parole come “zoonosi” ed espressioni come “salto di specie” scatenando anche una pandemia mediatica, la cosiddetta infodemia. Vorrei chiarire, grazie all’opportunità di questo articolo, che l’origine (animale o da laboratorio) di SARS CoV-2 è ancora sconosciuta e che questo virus ha eletto a suo target privilegiato, purtroppo, la specie umana. Gli animali positivi (alcuni cani, gatti, criceti e grandi felini) sono stati contagiati da persone a stretto contatto con loro: proprietari e addetti infettati da SARS CoV-2. La nostra Associazione, ANMVI, nella prima fase della pandemia ha ripetutamente agito sui media per frenare allarmismi ingiustificati.

In questa fase storica una minaccia pestilenziale di certa provenienza animale è semmai la Peste Suina Africana, una emergenza che interessando le popolazioni dei cinghiali, che non si trasmette all’uomo ma che è letale per i suini allevati. Ecco come una minaccia sanitaria collegata a squilibri eco-ambientali (l’eccesso di animali selvatici) può mettere seriamente a rischio la nostra suinicoltura, le produzioni alimentari e l’export nazionale. Ricordiamo qui una volta di più che siamo il Paese dei salumi nobili più pregiati al mondo. I Medici Veterinari stanno mettendo in campo misure di biosicurezza per proteggere gli allevamenti e una notevole porzione della nostra impresa nazionale. One Health è quindi un principio che impatta anche sull’economia globale, sull’occupazione e sulle esportazioni.

Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza non ha, a nostro avviso, efficacemente intercettato il contributo dei Medici Veterinari, tantomeno dei liberi professionisti. One Health è invece un principio che richiede interdisciplinarità, cooperazione tra discipline e saperi, competenze e abilità dinamiche e innovative. Sono certo di interpretare anche il sentiment delle altre professioni liberali del nostro Paese, dicendo che ci sono ancora ampi spazi per metterle a valore nel PNRR italiano, soprattutto a vantaggio di quella Next Generation di giovani professionisti che dovranno farsi interpreti delle sfide di sostenibilità e di innovazione digitale e tecnologica. Del resto, la definizione di One Health che citavo all’inizio prosegue così: “l’approccio mobilita molteplici settori, discipline e comunità a vari livelli della società per lavorare insieme per promuovere il benessere e affrontare le minacce per la salute e gli ecosistemi, affrontando nel contempo la necessità collettiva di acqua pulita, energia e aria, alimenti sicuri e nutrienti, intervenire sul cambiamento climatico e contribuire allo sviluppo sostenibile".

Ho intenzionalmente lasciato per ultimo un aspetto che mi sta da sempre molto a cuore: la sicurezza alimentare, intesa come food safety, cioè come garanzia sanitaria dei prodotti di origine animale. Oggi la guerra in Ucraina, uno sterminato granaio per milioni di persone e di animali ha spostato il focus sulla food security, sulla sicurezza degli approvvigionamenti e sul fabbisogno alimentare. One Health è anche questo, è sia safety che security, due facce della stessa medaglia come spesso lo sono salute ed economia. Soprattutto nei momenti di maggiore crisi si corre il rischio di perdere di vista i fondamentali, di compiere scelte affrettate e compromissorie, di abbassare gli standard delle aspettative e delle tutele.

Fuori dagli slogan e dalle ingenuità, bisognerà riconoscere che “One Health” richiede risorse, investimenti, politiche finanziarie e distributive che devono incentivare governi, istituzioni, professionisti e i cittadini a guardare a questo approccio come ad un interesse concreto e urgente e  non ad una idealità rinviabile. Come professionisti dovremmo tutti darci una funzione di controllo e di stimolo nei confronti dei Decisori politici affinché “One Health” sia sostenuto da competenze e professionalità.

Carlo ScottiDirettore Editoriale