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CIRCOLARE DGISAN

PSA, chiarimenti sui certificati e sulla regionalizzazione

PSA, chiarimenti sui certificati e sulla regionalizzazione
Chiarimenti ai Servizi Veterinari ai fini di export: tracciabilità, verifica dei requisiti di regionalizzazione e processi di trasformazione idonei all'inattivazione del virus della PSA.

La Direzione Generale della Sicurezza Alimentare ha inviato una circolare di chiarimenti ai Servizi Veterinari sul rilascio delle certificazioni sanitarie a seguito della conferma della presenza del virus della Peste suina africana (PSA) nei selvatici in Italia continentale. I chiarimenti riguardano la documentazione di tracciabilità e i requisiti legati ai principi di regionalizzazione.

La circolare, firmata il 16 gennaio dal Direttore Generale Massimo Casciello, è completata da un allegato che dettaglia dei processi di trasformazione riconosciuti dal Codice degli animali terrestri dell’OIE e dal regolamento delegato (UE) 2020/687 come idonei all’inattivazione del virus della peste suina africana. Un ulteriore allegato esemplifica le informazioni minime di tracciabilità quando si renda necessario raccoglierle.

Dati di tracciabilità "non sempre necessari"- La raccolta e la conseguente verifica dei dati di tracciabilità "non sono sempre necessarie". La circolare spiega che "è superfluo raccogliere tali dati nei casi in cui il certificato export non richieda particolari dichiarazioni in merito alla PSA perché relativi a prodotti fabbricati utilizzando un processo di trasformazione tra quelli riconosciuti dal codice degli animali terrestri dell’OIE e dal Regolamento Delegato (UE) 2020/687 della Commissione come idonei all’inattivazione del virus".

La necessità di avere agli atti la documentazione di tracciabilità, è legata a fattori quali: in primis il riconoscimento della regionalizzazione da Parte del Paese Terzo di destino, e poi l’eventuale necessità di accertare l’indennità da PSA riferendo non al momento della certificazione del prodotto bensì ad un periodo antecedente (es. nei 3/6/12/24 mesi precedenti il rilascio del certificato). In questi casi, e soprattutto per l’origine italiana degli animali (le zone soggette a restrizione potrebbero variare almeno nelle prime fasi emergenziali dell’epidemia), è necessario fornire al veterinario certificatore l’evidenza che le condizioni epidemiologiche dell’area di provenienza degli animali da cui originano le carni, consentono di rispettare le disposizioni ministeriali (Circolare DGISAN n. 1031 del 17 gennaio 2022) e quanto concordato con il Paese Terzo di destino.

Un compito dell'OSA-
Laddove necessario, pertanto, la raccolta della documentazione di tracciabilità del prodotto da certificare (allevamento suino/materia prima carne) è un’operazione condotta dall’OSA (Operatore del Settore Animale) per facilitare le attività di verifica che ogni veterinario certificatore deve effettuare, fornendone evidenza. La raccolta della documentazione di tracciabilità per quanto riguarda gli allevamenti di origine dei suini non deve necessariamente avvenire attraverso la raccolta dei Modelli ma può essere effettuata anche attraverso documenti di sintesi elaborati sulla base dei sistemi di tracciabilità interna implementati dall’impianto di macellazione.
Per consentire il mantenimento delle informazioni di tracciabilità lungo la filiera produttiva è opportuno che questi dati, laddove necessario, seguano la merce negli eventuali passaggi tra stabilimenti, ed è altresì opportuno assicurare che detti dati di tracciabilità contengano almeno le informazioni minime esemplificate in allegato alla circolare.

I principi di regionalizzazione - Invariati i 3 requisiti richiesti per la certificazione dei prodotti esportati verso Paesi Terzi che riconoscono i principi di regionalizzazione:
1• Non derivano da animali che originano da allevamenti situati in zone infette o zone soggette a restrizioni a causa della peste suina africana;
2• Non derivano da animali macellati o trasformati in uno stabilimento che macella, trasforma o manipola anche animali originari di una zona elencata come zona soggetta a restrizioni;
3• La materia prima del prodotto deriva da animali macellati e/o trasformati in stabilimenti che non si trovano in alcuna zona elencata come zona soggetta a restrizioni;
Il riferimento è il dispositivo più aggiornato tra quello nazionale (Ordinanza Ministeriale) e la versione consolidata del Regolamento di esecuzione 2021/605 della Commissione nelle parti I, II e III dell'allegato I.
L’applicazione delle norme comunitarie (Reg. 605/2021 e Reg. 687/2020) assicura che le carni immesse sul mercato comunitario e recanti la bollatura sanitaria di cui al regolamento 627/2019 rispettano i tre requisiti sopra dettagliati "e pertanto, in questi casi, non è necessario acquisire alcun certificato aggiuntivo dalle autorità competenti degli stabilimenti fornitori di carne fresca e altri prodotti".

Accertamento dei requisiti di regionalizzazione
- Come per la tracciabilità, soprattutto nelle prime fasi dell’epidemia che potrebbero prevedere modifiche nell’estensione delle zone soggette a restrizione, il Ministero precisa che "l’accertamento dei suddetti requisiti deve essere costantemente verificato da parte del veterinario certificatore del prodotto finito esportato utilizzando nei casi dubbi la raccolta dei dati sulla tracciabilità oppure una ricostruzione degli stessi a posteriori".

Processi di trasformazioni riconosciuti da OIE e UE- Sono esclusi da tali verifiche i prodotti fabbricati utilizzando un processo di trasformazione tra quelli riconosciuti dal codice degli animali terrestri dell’OIE e dal Regolamento Delegato (UE) 2020/687 della Commissione come idonei all’inattivazione del virus. "Per questi prodotti infatti, se gli accordi con il Paese Terzo di destino ne prevedono l’esportabilità, è sufficiente accertare l’idoneità del processo produttivo rispetto ai limiti critici indicati dalle procedure d’inattivazione previste".

A tale proposito il Ministero aggiunge che, "nel caso che i suddetti prodotti dovessero originare da zone soggette a restrizione per PSA ai sensi della norma comunitaria, diventano prioritari i limiti critici del processo di trasformazione indicati dal Regolamento Delegato (UE) 2020/687 della Commissione per il relativo prodotto, anche nel caso questi fossero più restrittivi di quelli previsti dal codice OIE. Pertanto, l’accertamento dei requisiti sanitari sulle procedure di inattivazione, segue i criteri dell’OIE quando l’area di provenienza degli animali da cui originano le carni e/o l’area in cui è localizzato l’impianto di trasformazione è indenne da PSA, mentre è necessario far riferimento ai criteri dell’Allegato VII del Regolamento Delegato (UE) 2020/687 della Commissione, quando l’area di provenienza degli animali da cui originano le carni e/o l’area in cui è localizzato l’impianto di trasformazione è soggetta a restrizioni per PSA".

"Italia esclusa Sardegna"- I vigenti certificati sanitari concordati -che prevedono l’accertamento  dell’indennità da PSA riferita a “Italia esclusa Sardegna”- non possono essere considerati automaticamente come evidenza del fatto che il Paese Terzo riconosce la regionalizzazione secondo principi OIE. Pertanto, salvo diverse disposizioni emanate specificatamente per il Paese Terzo in questione, tali certificati "devono essere considerati non sottoscrivibili"- conclude la nota ministeriale.