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EDITORIALE DELLA SETTIMANA

Un nuovo modello organizzativo per la prevenzione?

Un nuovo modello organizzativo per la prevenzione?
Con l'approvazione del Patto per la salute 2014-2016, viene confermata dall'accordo Stato-Regioni la  tendenza che, da alcuni anni, caratterizza la programmazione della prevenzione.

Questa ha portato ad una progressiva definizione di 2 macro aree nell'ambito della Prevenzione che fanno riferimento (prima della riorganizzazione in corso) a 2 diversi Dipartimenti del Ministero della Salute, i quali operano con differenti modalità di finanziamento, di programmazione e di rendicontazione:

– l'area del Piano della prevenzione, che aggrega tutti gli interventi orientati a promuovere la salute in tutte le politiche e ad attuare la promozione della salute attraverso politiche integrate ed intersettoriali,
che ha come riferimento nazionale il Piano Nazionale della Prevenzione;
– l'area della Sanità Pubblica Veterinaria e della Sicurezza alimentare, che ricomprende le attività regolamentate dalla UE con il "Pacchetto Igiene", che ha come riferimento nazionale il Piano Nazionale integrato della sicurezza alimentare.

Per quanto riguarda l'area della "Sanità Pubblica Veterinaria e della Sicurezza alimentare", le scelte programmatorie risultano in linea con l'istituzione della nuova area dipartimentale, stabilita nel Decreto Balduzzi
(Decreto Legge n. 158/2012 convertito con modificazioni nella Legge n. 189/2012), e con i chiarimenti forniti, dallo stesso Ministro Balduzzi, attraverso la circolare n. 0001144-P-27/02/2013. Questi ultimi confermano la volontà del Legislatore di far rientrare in tale area tutte le competenze a livello locale previste per l'Autorità Competente per la sicurezza alimentare. La circolare specifica, inoltre, che le modifiche riguardano esclusivamente i Servizi Veterinari. Le Regioni, chiamate a rendere operative le nuove indicazioni, incontrano però notevoli difficoltà a districarsi nel ginepraio normativo che è venuto a crearsi.

Le competenze riferibili ai controlli ufficiali per la sicurezza alimentare infatti non sono, ad oggi, appannaggio esclusivo delle strutture veterinarie, ma per la parte degli alimenti di origine non animale e delle bevande sono attribuite ai Servizi medici di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) le cui attività risultano quindi a cavallo tra 2 aree dipartimentali diverse: quella della "Sanità pubblica veterinaria e della sicurezza alimentare" e quella della "Sanità pubblica". È a quest'ultima che afferiscono gran parte delle attività svolte dai SIAN. Non sono, infatti, inquadrabili tra i compiti dell'Autorità competente per la sicurezza alimentare le funzioni previste dal DM 16 ottobre 1998 (che forniva linee guida per l'organizzazione dei SIAN) per l'area della nutrizione.

Delle 11 funzioni attribuite all'area funzionale dell'Igiene degli alimenti e delle bevande, solo le prime 2 (verifiche preliminari per la realizzazione/attivazione/modifica imprese alimentari e controllo ufficiale di prodotti alimentari e dei requisiti delle imprese alimentari) rientrano a pieno titolo nelle disposizioni del regolamento CE n. 882/2004. L'attuale modello organizzativo prevede quindi un'autorità competente locale costituita da 4 unità organizzative autonome, di cui 2 (la Struttura di sanità animale e la Struttura di igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche) chiamate ad operare sulla produzione primaria (allevamenti, mangimifici, ecc.) e 2 (la Struttura di igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati e la Struttura di igiene degli alimenti appartenente alla Struttura igiene degli alimenti e della nutrizione) chiamate ad operare sulle fasi successive delle filiere alimentari (macellazione, trasformazione, distribuzione, somministrazione, ecc.). Si tratta di una suddivisione di competenze che spesso comporta duplicazione di interventi, complicazioni burocratiche per gli utenti e disomogeneità interpretative a cui si cerca di ovviare chiedendo alle strutture una programmazione integrata
difficile da realizzare, sul piano operativo, anche alla luce dell'autonomia ribadita dal legislatore.

Alcune Regioni hanno tentato, o stanno tentando, di superare gli ostacoli legati ai confini delle attuali strutture per arrivare ad un modello organizzativo che consenta una distribuzione delle competenze più funzionale per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Le logiche organizzative si scontrano però con legittime resistenze che, sino ad oggi, sono risultate prevalenti presso il decisore politico. L'esigenza di disporre di un'autorità competente locale per la sicurezza alimentare, in grado di effettuare i controlli ufficiali con le qualità (uniformità, trasparenza, coerenza, ecc.) richieste dall'Europa, è irrinunciabile per il sistema Paese, non solo per ottemperare alle normative, ma anche per rendere il sistema sostenibile e ridurre l'impatto negativo che controlli inutili o inefficaci possono avere sulle imprese.

Questo può essere fatto a nostro parere solo riaccorpando funzioni omogenee nelle aree dipartimentali e riducendo i centri di responsabilità. Per l'Autorità competente locale per la sicurezza alimentare, così come
già avviene in gran parte degli altri Paesi europei e in alcune Regioni e Province Autonome del nostro Paese, l'esigenza è probabilmente quella di arrivare ad un coordinamento per l'area di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare suddivisa in 2 centri di responsabilità: uno per i controlli ufficiali sulle produzioni primarie (produzioni vegetali e zootecniche ed uno per i controlli ufficiali sulla sicurezza degli alimenti durante macellazione, trasformazione, distribuzione, somministrazione) mantenendo al loro interno tutte le specializzazioni che in questi anni si sono sviluppate. (fonte Veterinary & Food))

Bartolomeo Griglio, Vice Presidente ANMVI, Presidente AIVEMP