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STUDIO IZSVE

Otto specie di pipistrelli negli allevamenti suinicoli italiani

Otto specie di pipistrelli negli allevamenti suinicoli italiani
Uno studio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ha indagato l'intreccio fra pipistrelli, allevamenti suini e virus Sars Cov-2.

I pipistrelli, o chirotteri, sono riconosciuti come serbatoi naturali di diversi coronavirus (CoV), da alcuni dei quali potrebbero essersi evolute specie virali pericolose per l’uomo e per gli animali domestici, come il SARS-CoV-2 o il virus della diarrea epidemica nel suino. Le dinamiche e i meccanismi che permettono il passaggio di questi virus agli animali da allevamento o all’uomo rimangono per lo più sconosciute. I ricercatori del Laboratorio di Zoonosi Virali Emergenti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) hanno quindi indagato l'intreccio fra pipistrelli, allevamenti suini e virus. Lo studio è pubblicato sulla rivista PLOS One

“L’interfaccia fra animali selvatici, animali domestici ed esseri umani, rappresenta un confine molto labile dove possono emergere malattie infettive a carattere epidemico”,
spiega Stefania Leopardi, veterinaria dirigente e supervisore della ricerca. “Sappiamo che gli allevamenti suini rappresentano possibili ‘hotspot’ per la diffusione e la comparsa di varianti ricombinanti potenzialmente pericolose per gli animali o l’uomo. Per questo motivo, l’identificazione di nuovi coronavirus è fondamentale per valutare il loro adattamento nel suino e nell’uomo, ma è altrettanto importante cercare di comprendere i fattori di rischio che possono favorire i fenomeni di spillover nelle specie animali.”

La ricerca  è stata realizzata nell’ambito del progetto europeo ConVErgence e ha coinvolto, in un ampio lavoro di collaborazione scientifica, l’Università La Sapienza di Roma, l’Università di Padova, l’Università di Bari, l’Università del Sussex (UK) e la cooperativa STERNA di Forlì. Il monitoraggio bioacustico condotto in 14 aziende del Triveneto ha rilevato in particolare Pipistrellus kuhlii, P. pipistrellus e Hypsugo savii come specie più frequenti e attive. I ricercatori hanno adottato un approccio multidisciplinare basato sul paradigma One Health, combinando indagini ecologiche, modellistica ambientale e analisi virologiche. Le attività di sorveglianza hanno permesso di identificare tre nuove specie di coronavirus nei pipistrelli, con circolazione continua durante la stagione di attività e picchi nei mesi di maggio e agosto.

I risultati- Lo studio evidenzia una duplice implicazione: da un lato, gli allevamenti possono rappresentare rifugi per i chirotteri nei paesaggi rurali intensivi, favorendo la biodiversità e contribuendo al controllo degli insetti; dall’altro, la mancanza di barriere fisiche e l’applicazione disomogenea delle misure di biosicurezza possono facilitare il rischio di trasmissione virale tra fauna selvatica e suini.
Gli esperti richiamano l’urgenza di rafforzare le protezioni strutturali e gestionali per ridurre il rischio di spillover e promuovere una coesistenza sicura tra uomo, animali domestici e fauna selvatica.

Leggi l’articolo scientifico su Plos One