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EDITORIALE DELLA SETTIMANA

Dog “unchained”: è giusto vietare la catena

Dog  “unchained”: è giusto vietare la catena
La Liguria segue a ruota l'Emilia Romagna e riesce a proporre un testo addirittura migliore.
"Al detentore di animali di affezione è vietato l'utilizzo della catena o di qualunque altro strumento di contenzione similare, salvo per ragioni sanitarie, documentabili e certificate dal veterinario curante, o per misure urgenti e solo temporanee di sicurezza".

E' civilissima la nuova legge dell'Emilia Romagna, ma la Liguria promette di superarla per buon senso pratico. Infatti la proposta ligure vieta la catena, ma si impegna anche a individuare i "requisiti di detenzione degli animali di affezione, con disposizioni specifiche per la detenzione dei cani da parte dei privati". Questo è il punto: controbilanciare la "liberazione" con una cautela legislativa sia per i cani che sono sempre stati a catena, sia per la corretta detenzione di tutti gli altri. Ai primi non si può dare campo libero da un giorno all'altro, ma occorre temperare il divieto non con la catena in deroga, ma obbligando alla recinzione degli spazi in cui si trova il cane, senza mettere a rischio l'incolumità altrui.


Plauso al divieto dunque, noi comportamentalisti in prima fila, perché introduce un cambiamento culturale nella relazione tra cane e uomo, non più solo utilitaristico ("mi fa la guardia"), ma che fa rientrare il cane nel gruppo socio-familiare e lo ricolloca nella sua corretta dimensione etologica. Il cane, animale sociale per eccellenza, deve interagire con le persone ed aumentare il grado di socializzazione. Questo è il principio che sta alla base dell'educazione al possesso responsabile e che le nostre autorità hanno dimenticato.

Del resto basta l'esempio del cane pastore maremmano, per capire che anche un cane può governare un territorio senza catene e senza pericoli: il maremmano sa che è nel suo potere quello di proteggere il gregge, ma anche di non poter andare oltre al controllo territoriale, e non trascende in episodi di aggressione indiscriminata a danno di chiunque.
Allo stesso modo, il cane libero nella proprietà privata, opportunamente recintata, saprà che il suo compito è di avvisare, con l'abbaio, dell'arrivo di presenze indesiderate o sospette o estranee, ma non quello di aggredire né di decidere al posto del suo proprietario se chi entra nel territorio è un amico o un nemico.

A catena di giorno e libero la notte, come avviene in molti contesti privati, vuol dire creare presupposti di privazione sociale che si traducono in aggressività. Spesso chi ricorre alla catena è consapevole che si tratta di uno strumento di contenzione idoneo ad esasperare comportamenti di aggressività derivanti dalla frustrazione in isolamento coatto e asociale. Non è accettabile il cane gestito a catena per farne un 'assassino'.

Nel 2013, è più efficace un bell'antifurto che un cane a catena.

Raimondo Colangeli, Med. Vet comportamentalista, Vice Presidente ANMVI