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COVID-19

Obbligo vaccinale, la Corte Costituzionale fissa l'udienza

Obbligo vaccinale, la Corte Costituzionale fissa l'udienza
La legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale anti Covid-19 sarà esaminata dalla Corte Costituzionale il 29 novembre prossimo.


Svariati Tribunali, nel contenzioso giudiziario sull'obbligo di profilassi anti SARS CoV-2,  hanno ritenuto "non infondata" la questione di legittimità costituzionale e hanno rinviato alla Consulta l'espressione dell'ultima parola. La Corte Costituzionale ha fissato al 29 novembre prossimo la data in cui gli Ermellini diranno se l'obbligo vaccinale -che incombe su alcune categorie di cittadini - es. personale scolastico, cittadini  over 50 e tutti gli esercenti le professioni sanitarie- sia conforme ai diritti fondamentali sanciti dalla Carta.

Per i promotori delle cause, l'obbligo vaccinale violerebbe almeno otto articoli della Costituzione (3, 4, 11, 32, 33, 34, 97 e 117), ponendosi in contrasto con una serie di diritti fondamentali della persona e dei trattati internazionali. L'obbligo vaccinale non soddisferebbe i requisiti di efficacia per la salute pubblica e di sicurezza per la salute del cittadino obbligato. Inadeguate le evidenze scientifiche e non proporzionali le sanzioni.

La Corte Costituzionale avrà davanti a sè un ampio scenario sul quale basare il giudizio di compatibilità costituzionale dell'obbligo vaccinale. In sintesi gli Ermellini dovranno valutare l'efficienza ed efficacia dello strumento a perseguire il fine normativo di tutela della salute pubblica, in relazione a diritti - parimenti tutelati-  che vanno dall'autodeterminazione terapeutica fino alla privazione del lavoro e della retribuzione.

Nel caso specifico delle professioni sanitarie, il TAR Lombardia nel rinviare alla Corte Costituzionale la materia, sintetizza così le ragioni dei ricorrenti: l'inadempimento dell'obbligo vaccinale determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed è annotato nel relativo albo professionale; la previsione di una preclusione assoluta all'esercizio dell'attività professionale rispetto alla finalità perseguita di limitazione della diffusione del contagio contrasterebbe, sotto diversi profili, con il principio di ragionevolezza. Inoltre, viene ravvisata dai ricorrenti una ingiustificata ed eccessiva penalizzazione dei professionisti lavoratori autonomi rispetto ai lavoratori dipendenti, per i quali è contemplata la possibilità di essere adibiti a mansioni anche diverse; irragionevole, inoltre, applicare il medesimo trattamento ai sanitari non vaccinati per i quali la vaccinazione costituisce requisito ai fini della prima iscrizione. Lesi, infine, sia l'interesse del professionista all'esercizio dell'attività lavorativa sia l'interesse dei pazienti alla continuità dell'erogazione delle prestazioni sanitarie in condizioni di sicurezza.

In alcuni casi il  contenzioso ha raggiunto il Consiglio di Stato, dove i provvedimenti del Governo hanno trovato invariabilmente conferma nelle ordinanze di Palazzo Spada.