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PROCESSO A CUNEO

Nero Wolf: cuccioli italianizzati, la Veterinaria patteggia

Nero Wolf: cuccioli italianizzati, la Veterinaria patteggia
Trovate nello studio veterinario le schede di identificazione di 187 cani "italiani" oggetto di traffici in almeno cinque Paesi europei.


Associazione a delinquere. Questo, secondo le ipotesi della Procura di Cuneo, il reato alla base di un traffico di cuccioli di cani dall'Est, gestito da tre persone: un cuneese, un italiano residente in Ungheria e una Veterinaria cuneese. Una volta giunti a Cuneo, il primo si sarebbe incaricato di “italianizzarli” fornendo falsi libretti sanitari e inoculando microchip identificativi alterati con la complicità della Veterinaria che avrebbe fornito la documentazione del caso.

Secondo la stampa locale la Veterinaria ha già definito la propria posizione con un patteggiamento. Nello studio veterinario dove erano stati posizionati i microchip e validato la documentazione, durante le indagini, erano emerse 187 schede di identificazione già compilate.

A processo, il 5 ottobre scorso, sono invece rimasti i due imputati, accusati entrambi di traffico e trasporto illecito di animali da compagnia. Per il cuneese., già sottoposto al divieto di dimora per un anno in fase di indagini preliminari, si aggiungono le imputazioni di autoriciclaggio, frode in commercio ed esercizio abusivo della professione medico-veterinaria. Nella perquisizione condotta presso l’abitazione dell'allevatore cuneese erano state rinvenute attrezzature veterinarie (siringhe, medicinali e microchip) e un passaporto canino ungherese poi risultato falso

Nel corso della prima udienza, lunedì scorso, due componenti del gruppo Carabinieri Forestale hanno ricostruito la genesi dell’inchiesta ‘Nero Wolf’: tutto era partito nel 2018 con le segnalazioni di tre diversi acquirenti, che lamentavano le cattive condizioni di salute dei cuccioli di Cavalier King.

Il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale (N.I.P.A.F.) individuava 187 esemplari acquistati nell’allevamento ungherese gestito da un goriziano residente a Pécs con precedenti per lo stesso reato. Le forniture però venivano da vari Paesi europei tra cui Grecia, Spagna e Polonia. In Ungheria gli animali venivano nascosti nei bagagliai delle auto per affrontare lunghi viaggi, privi delle documentazioni di accompagnamento e dei trattamenti sanitari e vaccinali prescritti dalle norme comunitarie e nazionali. Acquisendo i tabulati telefonici i Forestali erano giunti al contatto ungherese.

Tutti gli esemplari venivano registrati all’anagrafe canina come nati presso le abitazioni dei loro acquirenti. L’allevatore cuneese aveva fornito una partita Iva inesistente.Sebbene gli esemplari di diverse razze (cavalier king, bulldog francesi, chow chow, maltesi) fossero presentati come provenienti dall’allevamento cuneese, infatti, gli esami genetici avrebbero permesso in seguito di accertare che quasi nessuno dei cuccioli aveva rapporti di familiarità con i cani adulti presenti.

Secondo i carabinieri, gli animali sarebbero stati sistematicamente sottratti alle cure parentali in tenerissima età, ovvero al di sotto delle 12 settimane previste dai regolamenti. Accadeva così che i cuccioli, già debilitati dai trasferimenti, si ammalassero o addirittura morissero. Una parte significativa dell’inchiesta, riguardante un diverso traffico diretto dall’Ungheria verso il centro Italia, era stata ricondotta alla competenza della Procura di Bologna.

Una sessantina di cuccioli, sequestrati prima di essere commercializzati, erano stati affidati dall’autorità giudiziaria alla Lida che si è occupata di portare a termine le adozioni e che si è  costituita parte civile.  Il processo è stato aggiornato al 25 febbraio 2021 per ascoltare altri testi dell’accusa.

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