Il Tar Lazio ha accolto il ricorso presentato dall'Enci contro il commissariamento ad acta. Il Mipaaf non aveva il potere di commissariare un Ente privato. In fatto di gestione del libro genealogico del cane di razza, i giudici non hanno trovato nessuna norma che consente al Ministero di sciogliere gli organi dell'Enci o di provvedere alla loro sostituzione straordinaria. Il Mipaaf non poteva commissariare l'ENCI e di conseguenza i decreti emanati ad aprile vanno annullati. Il Tar Lazio, con sentenza 4 dicembre 2009 n. 12555, ha accolto il ricorso presentato dall'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, contro il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali, nei confronti di Marco Lusetti Commissario Ad Acta e Fabrizio Crivellari Vice Commissario ad Acta.
Il commissariamento era stato decretato dal Ministro Luca Zaia, per assicurare l'applicazione del disciplinare del libro genealogico del cane di razza e delle relative norme tecniche di applicazione, conferendo operatività alla Commissione tecnica centrale, all'Ufficio Centrale e al Comitato esperti del predetto libro genealogico.
Il Collegio ha motivato l'accoglie del ricorso " limitatamente alla domanda di annullamento, dichiarando illegittimi i provvedimenti impugnati perché viziati da violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici". Il tribunale ha così dichiarato l'illegittimità diretta dei provvedimenti di nomina del commissario ad acta e del vice commissario ad acta e degli atti con cui sono stati liquidati i relativi compensi.
Le norme che riguardano la tenuta del libro genealogico si riferiscono "ad una vigilanza che il MIPAAF compie sull'attività e non sugli organi la cui composizione è, nei casi più rilevanti, condizionata dalla presenza di uno o più funzionari dello stesso Ministero vigilante; nessun accenno di previsione esiste in merito alla possibilità di scioglimento degli organi o di sostituzione straordinaria degli stessi per ciò che attiene l'attività di gestione del libro genealogico del cane di razza". "Non è dato però sapere - si legge nella sentenza- in che cosa consista l'attività di vigilanza del citato Ministero posta in essere nei confronti dell'Enci".
Nel suo ricorso l'Enci richiamava la propria qualificazione soggettiva di ente nazionale a carattere privato. Il Tribunale ha dato ragione all'Ente non riconoscendo tuttavia la domanda di risarcimento per danno all'immagine " per la sua genericità e mancanza di elementi concreti di riscontro".