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QUALI BASI PER IL REATO DI IMPORTAZIONE CLANDESTINA?

QUALI BASI PER IL REATO DI IMPORTAZIONE CLANDESTINA?
L'On Ruvolo ha rivolto una interpellanza al Ministro del Welfare e al Ministro per le politiche europee, per sapere se intendano verificare quanti casi di rabbia su cani oggetto di scambi commerciali tra Paesi membri, si siano registrati in Italia ed in Europa; se sia possibile che ad animali oggetto di scambio intracomunitario siano applicate norme nazionali e non quelle europee e, infine, quali siano gli elementi in base ai quali viene delineato il reato di «importazione clandestina».

L'On Giuseppe Ruvolo (UDC) ha presentato ieri una interpellanza al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e al Ministro per le politiche europee, che prende le mosse dalla nota inviata il 14 gennaio scorso all'Associazione medici veterinari italiani (ANMVI) sul possibile contributo da parte dei veterinari nel sensibilizzare i nuovi proprietari di animali d'affezione sui possibili rischi legati all'acquisto di cuccioli.


Nella nota, dichiara il parlamentare siciliano, "si evidenzia che dai controlli ufficiali effettuati dagli Uffici veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari (UVAC), dai Servizi territoriali e dai Nas sulle partite di cuccioli introdotte da Paesi comunitari sono emerse alcune non conformità quali: l'assenza di certificazione «Traces» prevista dal Regolamento (CE) n. 599/2004 e dalla Direttiva 92/65/CE; l'assenza di vaccinazioni nei confronti della rabbia e assenza di attestazioni riguardo al vaccino utilizzato; la non corrispondenza tra l'età degli animali indicata nella documentazione di scorta e quella riscontrata all'esame clinico; l'effettuazione della vaccinazione nei confronti della rabbia prima dell'applicazione del microchip per la corretta identificazione; l'esistenza di animali dichiarati vaccinati ma aventi titolo anticorporale inferiore a 0,5UI/ml. Sarebbero, inoltre emersi alcuni fatti in contrasto sia con le direttive ed i regolamenti della Comunità europea;risulterebbe, tra l'altro, infatti, che il Ministero del lavoro, attraverso gli Uffici veterinari per gli adempimenti comunitari, avrebbe disposto controlli sulle partite di cuccioli importate che non risulterebbero sempre omogenei e non sempre sull'intera partita".

L'interpellante conclude chiedendo di verificare quanti casi di rabbia su cani oggetto di scambi commerciali tra Paesi membri, si siano registrati in Italia ed in Europa, negli ultimi anni; se sia possibile che ad animali oggetto di scambio intracomunitario siano applicate norme nazionali e non quelle europee e, infine, quali siano gli elementi in base ai quali viene delineato il reato di «importazione clandestina».