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CASSAZIONE

Collare elettrico: non è maltrattamento ma è reato

Collare elettrico: non è maltrattamento ma è reato
Un principio analogo a quello di altre sentenze, ma con una richiesta difforme da parte della Procura. " Semplice sofferenza".

Il proprietario che usa collari elettrici a distanza al fine di addestrare i cani non commette reato di maltrattamenti verso animali (articolo 544 ter c.p.): la condotta costituisce "contravvenzione".Lo ha stabilito la terza sezione penale della Cassazione con una sentenza pubblicata ieri, nella quale sostiene che- avendo le scosse una durata limitata- non si può parlare di lesioni o sevizie all’animale, ma di «semplice sofferenza».
Con i collari elettrici, infatti, il livello di stimolazione può essere regolato dal telecomando (tensione e durata).  E stando alle conclusioni del perito è escluso «qualsiasi rischio per la salute del cane, in quanto gli impulsi hanno durata molto limitata (ordine dei microsecondi) e quindi l’energia trasmessa è trascurabile, inoltre la corrente attraversa una zona limitata del corpo senza interessare gli organi vitali».

La Cassazione esclude dunque la crudeltà o le lesioni ai cani, in quanto sussistono solo sofferenze, «limitate solo ai momenti di uso dei collari», ma comunque sofferenze gravi e incompatibili con la natura degli animali. I giudici della terza sezione auspicano, in conclusione, altri criteri e soluzioni di addestramento, «più naturali e consoni alla natura etologica dell’animale». Il reato è di "contravvenzione". 

La Corte ha così estinto per prescrizione il reato ex articolo 727 Cp (contravvenzione per abbandono di animali) a carico di un uomo, condannato originariamente dalla Corte di appello per il delitto di maltrattamento di animali. Lo stesso giudice applicava al ricorrente la multa di 4 mila euro perché, in quanto proprietario di due cani, applicava un collare elettrico al fine di addestrarli all’attività venatoria. Secondo il proprietario, il giudice aveva erroneamente applicato la legge, in quanto il reato contestato prevede lesioni o sevizie all’animale e il capo d’imputazione individua uno «stato di inutile sofferenza» per l’uso del collare elettrico con comando a distanza che non rientra nella fattispecie in esame.



La massima- Deve essere inquadrata come contravvenzione e non come reato di maltrattamenti verso animali (articolo 544 ter c.p.) la condotta del proprietario che usa collari elettrici a distanza al fine di addestrare i cani. Non si può parlare, in tali casi, di lesioni o sevizie all'animale, ma di «semplice sofferenza», in quanto le scosse hanno durata molto limitata. 8Cassazione- sentenza 21932, sezione Terza Penale, del 25-05-2016)