Ad una indagine effettuata dal veterinario della Asl non risultava nel registro aziendale che la bovina fosse stata effettivamente trattata con cortisonici; l'allevatore si era difeso dichiarando che "la positività al prednisolone non implica necessariamente che l'animale sia stato trattato con farmaci cortisonici".
Che si trattasse di false positività dovute ad origine endogeno-metabolica e non illecita era stato già ipotizzato dai veterinari buiatri della SIVAR, tanto da suggerire agli allevatori di effettuare delle contro-analisi e da indurre i ricercatori ad approfondire la questione.
La sentenza ricorda infatti che è "allo studio dell'istituto nazionale di farmacologia la questione relativa alla possibilità che il prednisolone possa essere prodotto in minime quantità dall'animale stesso, come risposta fisiologica ad alcune situazioni stressanti". Agli atti della difesa anche l'articolo pubblicato dal Sole 24 Ore che raccoglieva i dubbi dei veterinari SIVAR, che oggi esprimono soddisfazione per il risultato e si augurano che la sentenza mantovana costituisca un precedente nella giurisprudenza.
Nel caso di specie, la bovina "aveva partorito e tale evento rientra senza dubbio come riferito dal teste della Pubblica Accusa, tra gli eventi stressanti in presenza dei quali gli animali- scrive il Giudice- potrebbero produrre fisiologicamente la sostanza. Alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e delle ricerche e sperimentazioni in atto non può essere formulato un giudizio di assiomatica relazione tra la somministrazione di farmaci cortisonici e la positività degli animali al prednisolone".
"Tanto è sufficiente a pronunciare nei suoi confronti sentenza assolutoria", "per insussistenza del fatto di reato".