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VA PROVATO CHE QUELLI SUL CONTO SONO RICAVI

VA PROVATO CHE QUELLI SUL CONTO SONO RICAVI
Le verifiche sui conti bancari non bastano per condannare il professionista per evasione o per un altro reato fiscale. La presunzione secondo cui i versamenti nel conto corrisponderebbero ai ricavi dell'attività non vale nel processo penale: il giudice deve motivare l'attendibilità della verifica sui conti.

I conti non inchiodano il professionista. Le verifiche sui conti bancari non bastano per condannare il professionista per evasione o per un altro reato fiscale. Lo ha stabilito la Cassazione con una sentenza del 6 febbraio ( n. 5490).


La presunzione secondo cui i versamenti nel conto corrisponderebbero ai ricavi dell'attività, infatti, vale soltanto in sede civile per il recupero dell'imposta. Ma nel processo penale le cose vanno diversamente: il giudice deve motivare le ragioni per cui "i dati delle verifica su conti" sono attendibili.


La Guardia di Finanza ha poteri e criteri di accertamento di carattere "discrezionale" e non possono costituire, in sede penale, strumenti per l'accertamento. Gli accrediti sul conto corrente non possono essere dunque considerati "ricavi" solo sulla base di un risultato algebrico che non sia anche stato valutato criticamente.

Allegati
pdf LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE.pdf