LE FACOLTA’ DICHIARERANNO GLI SBOCCHI PROFESSIONALI
Firmato il decreto "trasparenza". Le Università dovranno dichiarare gli sbocchi professionali e la percentuale di quanti trovano lavoro a 12 mesi dalla laurea. La competizione fra gli atenei non sia più basata sugli iscritti ma sui risultati.
E' pronto "il decreto trasparenza" che porta la firma del Direttore generale del Ministero dell'Università, Antonello Masia. Lo scrive oggi il quotidiano economico Italia Oggi, spiegando che il provvedimento contiene misure per ispirare l'offerta formativa degli atenei a criteri di trasparenza e a consentire agli studenti, attraverso una griglia di indicatori, di conoscere per tempo tutte le informazioni necessarie per la scelta del corso di laurea: dalle informazioni sulla didattica a quelle per l'alloggio.
L'obiettivo è di valorizzare il diritto degli studenti a scegliere entro un'offerta didattica trasparente e complessivamente qualificata e nello stesso tempo innescare una diversa dinamica nella competizione tra le università non più fondata sulla ricerca di ogni mezzo per aumentare il numero degli iscritti, ma invece sulla qualità. Gli studenti sapranno non solo i risultati di apprendimento previsti per quel corso, ma anche gli sbocchi professionali, la percentuale dei laureati che trovano posto di lavoro a 12 mesi dalla laurea per un determinato corso e quella di coloro che nello stesso periodo non cercano lavoro perché proseguono gli studi in un altro corso universitario, oppure svolgono un tirocinio o un praticantato obbligatorio per accedere ad una determinata professione. E ancora prima di iscriversi potranno sapere l'incidenza degli abbandoni fino ai tempi medi necessari per conseguire il titolo. Le università avranno tre anni per adeguarsi: da minimi i requisiti di qualità diventano obbligatori e senza di essi non si potrà aprire un nuovo corso di laurea.
Spiega Masia in un articolo pubblicato a marzo sulla rivista Universitas che "il nuovo decreto sui requisiti necessari e qualificanti si propone di mettere in condizione gli atenei di operare in uno scenario programmatico e progettuale ispirato ad una forma di autonomia per così dire "controllata", senza tuttavia esercitare istanze centralistiche, ma operando una sostanziale inversione di tendenza rispetto a quella manifestatasi negli ultimi anni. In questo modo, se da un lato si sono registrati a seguito della riforma significativi progressi nel numero dei laureati e nei tempi necessari per il conseguimento dei titolo di studio6, dall'altro non è diminuito il numero di abbandoni dopo il primo anno di iscrizione, spia evidente di una carente cura dei percorsi e della scarsa efficacia delle attività di orientamento e tutorato. Inoltre è aumentato in modo esponenziale il numero dei corsi di studio a "numero programmato". Per questa ragione - conclude il dirigente del Miur- il decreto prefigura una diversa procedura nei casi di programmazione degli accessi, incentrata su una vera valutazione dei singoli casi e sull'autorizzazione del Ministero".