Assica plaude al divieto di usare nomi carnei su prodotti che non contengono carne. Elenco, con decreto a sessanta giorni, delle denominazioni di vendita.
Il disegno di legge approvato ieri dal Parlamento, più noto per il divieto sulle carni coltivate, contiene anche il "divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali". E' il meat souding, una "anomala" attività di marketing - secondo Assica- "con la quale prodotti a base vegetale vengono posti in vendita con nomi che richiamano o citano espressamente prodotti a base di carne: ‘hamburger vegetale’, ‘bresaola di grano‘, ‘vegan mortadella".
L'Associazione degli Industriali delle Carni e dei Salumi plaude alla norma introdotta dall'articolo 3 del disegno di legge: i prodotti trasformati contenenti "esclusivamente" proteine vegetali non potranno utilizzare:
- denominazioni legali, usuali e descrittive, riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne;
- riferimenti alle specie animali o a gruppi di specie animali o a una morfologia animale o un’anatomia animale;
- terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria;
- nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.
Le disposizioni non precludono l’aggiunta di proteine vegetali, aromi o ingredienti ai prodotti di origine animale. A vigilare sarà il Ministero dell'Agricoltura.
Decreto attuativo a sessanta giorni- "E' bene che il Parlamento abbia approvato tale norma che vieta l'uso di nomi carnei sui prodotti che la carne non la contengono - commenta Davide Calderone, direttore di Assica - si tratta di una conquista culturale e di buon senso per la corretta concorrenza tra operatori del settore alimentare. Ora la norma andrà prontamente attuata per dare concretezza ai giusti principi che contiene". Sarà infatti un decreto a sessanta giorni del Ministero dell'Agricoltura (Masaf) che elencherà "le denominazioni di vendita degli alimenti che, se ricondotte a prodotti vegetali, possono indurre il cittadino che consuma in errore sulla composizione dell’alimento".
Dall'Italia alla UE- La disciplina adottata dall'Italia non è la prima in assoluto. In Europa ci ha già pensato la Francia. Assica ricorda che in UE invece ci furono tentativi passati di disciplinare la materia in maniera analoga a quanto si fece per il latte e i suoi derivati, ma senza che le proposte riuscissero ad approdare a rango normativo. L'intervento del Legislatore italiano "si è reso necessario per tutelare la storicità produttiva di un'intera filiera"- dichiara Assica, che auspica che anche l'Unione Europea si doti di una disciplina in materia.
Carni coltivate, ddl alla prova del Colle e della UE
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