Raimondo Colangeli, presidente della SISCA, ha scritto al Senatore Fluttero che ha proposto un disegno di legge per la progressiva eliminazione dei cani pericolosi. In quattro punti le ragioni per cui non si può essere d'accordo col parlamentare.
Il Presidente della SISCA, Raimondo Colangeli, ha inviato ieri una lettera al senatore Andrea Fluttero, firmatario di un disegno di legge che si dice dalla parte delle vittime dei cani pericolosi.
Il disegno di legge, che punta alla graduale eliminazione delle razze aggressive è infatti "un punto di incontro fra le persone aggredite da cani pericolosi e dei loro familiari che metta in rete le esperienze di persone vittime di comportamenti aggressivi e che possa far conoscere e sensibilizzare l'opinione pubblica sul loro dramma''.
"I medici veterinari comportamentalisti della società culturale SISCA- scrive Colangeli al senatore- si fanno partecipi della Sua preoccupazione per il benessere psico-fisico della componente umana della società in cui viviamo, ma non sono altresì in sintonia con le conclusioni e con la soluzione legislativa a cui Lei fa riferimento nella presentazione della sua pdl". Infatti i cani - prosegue la lettera- "sono esseri senzienti (come sottolinea lo stesso Trattato di Lisbona) e sono animali estremamente sociali, dotati di aree cognitive ed emozionali che individualmente vengono modificate, arricchite con la collaborazione e l'aiuto di quell'Uomo con cui condivide la vita da 100.000 anni".
Quattro, in sintesi, le argomentazioni del Presidente della SISCA a confutare le tesi del ddl Fluttero: 1. Non esiste una panoramica reale delle aggressioni in Italia, dall'analisi del quadro epidemiologico i dati risultano falsati e quindi non attendibili. 2. E' vero che c'è una causa socio-culturale lo scegliere alcuni tipi di razze per esaltare una violenza sociale di alcuni e proprio per questo la formazione dei proprietari e di tutti gli attori della filiera dell'animale da compagnia è la soluzione del problema. 3. I comportamenti di aggressione possono essere legati - non tanto alle razze- quanto a delle patologie comportamentali legate a protocolli di allevamento che non sono attenti ad uno sviluppo comportamentale del soggetto. La razza quindi non ha la minima importanza ai fini del rilevamento epidemiologico. 4. E' corretto contrastare qualunque addestramento che tenda ad aumentare o modificare sequenzialmente il comportamento di aggressione di un cane e, come in altri paesi europei l'addestramento all'attacco deve essere strettamente regolamentato".
Ma insomma, con questo ddl - conclude Colangeli- "come la mettiamo davanti ad un golden retriever incrociato con un pitbull: quale parte genetica sarà preponderante... lo devo considerare un mansueto o un cane pericoloso?"