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5 RICHIESTE AL PROSSIMO GOVERNO DA ANMVI

5 RICHIESTE AL PROSSIMO GOVERNO DA ANMVI
In attesa di conoscere la squadra di Governo, l'Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani si rivolge al prossimo Esecutivo con cinque richieste orientate a valorizzare le politiche della sanità veterinaria del nostro Paese.

La lista dei ministri sara' presentata gia' nella serata di oggi". In attesa di conoscere la squadra di Governo, l'Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani si rivolge al prossimo Esecutivo con cinque richieste orientate a valorizzare le politiche della sanità veterinaria del nostro Paese.

1. PIU' VETERINARIA NELLA SALUTE
Al nuovo Governo si chiede di mantenere il Ministero della Salute, evitando accorpamenti che rischiano di compromettere il peso delle politiche sanitarie sia a livello nazionale ed europeo sia nel confronto con le Regioni. Con il declassamento istituzionale della veterinaria, la collettività - e con essa la sanità pubblica, la sanità animale e la sicurezza alimentare - avrebbe tutto da perdere. Un Vice Ministro alla Veterinaria potrebbe dare più forza a politiche di sanità pubblica veterinaria che anche la Commissione Europea e gli organismi internazionali (OMS, OIE e FAO) considerano come "priorità globali".

2. CREAZIONE DI UNA MEDICINA DI BASE VETERINARIA
Le risorse destinate dallo Stato al lotta e alla gestione del randagismo e alla prevenzione dell'abbandono richiedono una revisione dei meccanismi di destinazione dei fondi e una razionalizzazione delle risorse finanziarie oggi impiegate senza sufficiente trasparenza e razionalità. La creazione di una rete di strutture veterinarie convenzionate metterebbe a disposizione mezzi e professionalità in grado di affrontare il fenomeno del randagismo. Le stesse potrebbero erogare prestazioni di medicina di base in favore dei proprietari meno abbienti, nell'ambito di politiche di sostegno e di incentivazione alla convivenza con l'animale da compagnia.

3. REVISIONE DELLA PROGRAMMAZIONE UNIVERSITARIA
Il Ministero della Salute e il Ministero dell'Università dovrebbero raccordarsi nella determinazione dei posti disponibili nelle Facoltà a numero programmato. Questo raccordo è fino ad ora mancato. Le Facoltà di medicina veterinaria, immatricolano ogni anno un numero di studenti superiore al fabbisogno nazionale, in conseguenza di una programmazione non sufficientemente ragionata a livello nazionale e regionale. Utilizzando le leve dell'orientamento agli studi veterinari e della razionale programmazione dei posti disponibili nei 14 corsi di laurea in medicina veterinaria presenti sul territorio nazionale, si potrebbe iniziare a sanare l'anomalia nazionale che fa dell'Italia il Paese europeo col maggior numero di facoltà di medicina veterinaria a fronte di sbocchi occupazionali in costante contrazione.

4. FINE DEL PRECARIATO IN SANITA'
Troppe professionalità veterinarie lavorano al servizio del Ministero della Salute e delle sue sedi periferiche in condizioni di precariato ormai cronico. Anche nelle ASL e negli Istituti Zooprofilattici, il comparto sanitario-veterinario registra una situazione di grave incertezza occupazionale con risvolti inevitabili sulle garanzie di tutela sanitaria per la popolazione umana e animale.

5. RIFORME AD HOC PER LE PROFESSIONI MEDICHE
Al nuovo Governo si chiede una politica di riforma delle professioni e degli Ordini professionali all'insegna della valorizzazione e della modernizzazione del loro ruolo per la collettività, abbandonando preconcetti e atteggiamenti più punitivi che realmente liberalizzanti. Il fallimento dei decennali progetti di riforma si lega alla mancata elaborazione di una riforma specificamente dedicata alle sole professioni sanitarie che, essendo al servizio del diritto costituzionalmente garantito alla salute, non possono essere assimilate a chi esercita in regime di puro mercato.
Anche il nuovo sistema di educazione continua in medicina (ECM) dovrebbe essere riletto alla luce dei diversi ruoli ricoperti dagli operatori sanitari, distinguendo quelli del SSN da quelli privati. I medici-veterinari privati, se obbligati all'aggiornamento ECM, dovrebbero poter recuperare fiscalmente, integralmente, i costi sostenuti per le attività di formazione continua.