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PET THERAPY, IL CANE CONTRO L’ALZHEIMER

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Gilda, una femmina di golden retriever da quando aveva tre mesi si trova presso l'ASL 4 di Torino con il compito di aiutare i malati di Alzheimer. Tra i cani, il Golden Retriever è uno dei prescelti per stare vicino ai malati. Il personale che si occupa di lei sta partecipando a un corso di formazione utile a garantire la riuscita del progetto: è necessario uniformare atteggiamenti ed azioni, così da semplificare il più possibile agli occhi dell'animale l'interpretazione del linguaggio umano. Allevare un cane in una sede sanitaria è un esperimento che la nostra società forse è pronta ad affrontare, perché la cultura ci ha insegnato che la Gilda di turno non è soggetto passivo al quale dare benevolenza secondo capriccio o da utilizzare secondo necessità, ma creatura dotata di attiva capacità di dare. Il progetto dell'ASL 4 risponde a due esigenze precise della sanità: una co-terapia per i malati di Alzheimer e altri malati cronici non autosufficienti, basata sulla fiducia e sull'affetto di un amico a quattro zampe, e la creazione di nuove figure professionali nelle strutture sanitarie pubbliche. Per un cane è necessario mobilitare un'équipe di persone specializzate: confermata la collaborazione tra il Servizio Veterinario e la Geriatria territoriale, è stato necessario un punto di riferimento per l'animale. In questo caso c'è: Anna Maria Cavallero, veterinaria entusiasta. Poi ci vogliono l'addestratore e l'etologo, per non parlare di medici, psicologi e infermieri. Un cane del genere ha bisogno di sei persone, ognuna con un ruolo specifico nei suoi confronti. Quattro di queste sono dipendenti della struttura sanitaria; il gruppo di lavoro, terminata la prima parte dell'incombenza, seguirà un corso di specializzazione per l'abilitazione nazionale brevettata dalla Delta Society, che è una scuola riconosciuta a livello internazionale.In futuro, se la logica della pet therapy troverà consenso nelle ASL italiane, essere "conduttore" del cane diventerà una nuova professione. (da: La Stampa, 24 marzo 2004)