• Utenti 10
  • Articoli pubblicati dal 4 novembre 2001: 30853
DECRETO DI PALAZZO CHIGI

Depenalizzazione del reato di maltrattamento animale

Depenalizzazione del reato di maltrattamento animale
Il Consiglio dei Ministri ha approvato le "Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto". Deflazione giudiziaria per le condotte sanzionate con pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore ai 5 anni. Dall'abuso di professione al maltrattamento di animali, l'istituto della "irrilevanza del fatto" potrebbe derubricare numerosi reati.

Su proposta del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto delegato che dà attuazione alla legge delega 67/2014 in vigore dal 5 maggio di quest'anno, in materia di depenalizzazione. La Legge 67/2014, infatti, conferisce la delega al Governo per «escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale». La pena dell'arresto "è destinata ad essere eliminata dalle pene principali e ad essere sostituita dall'arresto domiciliare".

Deflazionare il carico giudiziario-Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri recepisce le proposte elaborate da una apposita commissione ministeriale - nominata con D.M. 27 maggio 2014 e presieduta dal prof. Francesco Palazzo- il cui obiettivo era di rivedere il sistema sanzionatorio. L'attuazione della delega - si legge nel comunicato di Palazzo Chigi- consentirà ragionevolmente, nel breve periodo, di deflazionare il carico giudiziario restituendo alla giustizia la possibilità di affrontare con nuove energie indagini e processi complessi, la cui definizione possa essere ritardata o ostacolata dalla pendenza di processi relativi a fatti di particolare tenuità.

Non punibilità per particolare tenuità del fatto- La relazione illustrativa del provvedimento spiega che l'istituto della non punibilità per cosiddetta "irrilevanza del fatto" consentirà una più rapida definizione, con decreto di archiviazione o con sentenza di assoluzione, dei procedimenti iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso fatti di penale rilievo caratterizzati da una complessiva tenuità del fatto, evitando l'avvio di giudizi complessi e dispendiosi laddove la sanzione penale non risulti necessaria. Resta ferma la possibilità, per le persone offese, di ottenere serio ed adeguato ristoro nella competente sede civile.

"Irrilevanza del fatto" - La questione della "irrilevanza" (diversa dall'istituto della "inoffensività del fatto")  per particolare tenuità "presuppone un fatto tipico e, pertanto, costitutivo di reato, ma da ritenere non punibile in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale". Di conseguenza " la collocazione topografica della sua disciplina non può che essere quella delle determinazioni del giudice in ordine alla pena". L'istituto della irrilevanza "realizza quella che è stata efficacemente chiamata "depenalizzazione in concreto", espungendo dall'area della punibilità quei fatti storici che ne appaiano "immeritevoli": l'irrilevanza del fatto contribuisce a realizzare il principio di proporzione senza la cui ottemperanza la risposta sanzionatoria perde la sua stessa base di legittimazione, "essendo il dispendio di energie processuali per fatti bagatellari sproporzionato sia per l'ordinamento sia per l'autore, costretto a sopportare il peso anche psicologico del processo a suo carico".

Criteri di giudizio della "particolare tenuità del fatto"- Si basano su su due indici-criteri: 1.la particolare tenuità dell'offesa; 2. la non abitualità del comportamento. Il primo di essi si articola a sua volta, nello schema di decreto, in due ulteriori indici-requisiti, costituiti dalle "modalità della condotta" (valutazione sia del grado della colpa, sia dell'intensità del dolo) e dall'"esiguità del danno o del pericolo". Il secondo indice-criterio è costituito dalla non abitualità del comportamento: la presenza di un "precedente" giudiziario non è di per sé ostativa al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

I reati depenalizzabili- Il decreto legislativo esclude dalla punibilità- 'per particolare tenuità del fatto'- "i reati per i quali è prevista la pena della reclusione ovvero della reclusione o dell'arresto domiciliari non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alle predette pene" (fermo restando la circostanza che "per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale"). Rientrano in questa categoria svariate condotte, analizzate e commentate in questi giorni da numerosi siti web di legislazione e diritto:  l'esercizio abusivo di una professione (art 348 cp), l'abuso d'ufficio (art. 323 cp), l'adulterazione e la contraffazione di cose in danno alla salute pubblica (art. 441 cp) l'introduzione o abbandono di animali in fondo altrui (art. 636 cp) e i più recenti reati penali in danno agli animali come il 544-bis (Uccisione di animali), il 544-ter (Maltrattamento di animali), il 544-quinques (Divieto di combattimento di animali) e il reato penale di omissione di soccorso introdotto dal nuovo Codice della Strada.

La depenalizzazione dei reati contro gli animali è da tempo oggetto di dibattito fra i giuristi. Non sono  nemmeno mancate proposte e disegni di legge in Parlamento.  Il giornalista Marco Travaglio fu tra i primi a darvi risalto mediatico, scrivendo su Il Fatto Quotidiano: "Un governo che vuole introdurre la discrezionalità dell'azione penale perché sostiene che i magistrati non riescono a perseguire tutti i reati e quindi scelgono di volta in volta quali perseguire prima non dovrebbe creare il reato penale di maltrattamenti sugli animali". Secondo Travaglio- che proponeva piuttosto di far leva sulle multe,  "il reato penale di maltrattamento agli animali ha l'unico scopo di intasare ulteriormente i tribunali, di non produrre nulla perchè va in prescrizione e chi ha maltrattato gli animali se ne va a casa impunito".

Proporzionalità e gerarchia del diritto sono stati al centro, questa estate, di una sentenza della prima sezione penale della Cassazione. La Corte ha affermato che "la vita di un uomo per quella di un cane è un movente che stravolte i più elementari valori umani". La Suprema Corte ha così motivato l'addebito dell'aggravante dei "futili motivi" all'omicidio di un taxista che aveva involontariamente investito il cane dei suoi aggressori.

pdfSCHEMA_DI_DECRETO_LEGISLATIVO.pdf180.54 KB