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CONSULTAZIONE EUROPEA

Antibiotici per animali, Anmvi: prudenza anche sui divieti

Antibiotici per animali, Anmvi: prudenza anche sui divieti
La Commissione Europea sta definendo i criteri in base ai quali alcune classi di antimicrobici saranno riservate all'esclusivo utilizzo in medicina umana. Partecipando alla consultazione europea sulle proposte avanzate da Bruxelles,  l'Anmvi ha elencato una serie di circostanze da considerare prima di introdurre radicali divieti terapeutici che, se trascurati, andrebbero a detrimento dell'interesse generale a che un animale venga curato.


Oggi la Commissione Europea chiuderà la consultazione pubblica su uno dei più delicati regolamenti attuativi del Regolamento (UE) 2019/6 (Medicinali Veterinari). Si tratta del regolamento delegato che stabilirà i criteri (qui quelli proposti) in base ai quali alcuni antimicrobici non potranno più essere utilizzati in campo veterinario a partire dal 28 gennaio 2022.

Sulla bozza di regolamento proposta da Bruxelles, l'Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI) ha inviato un contributo, pubblicato sulla piattaforma on line della Commissione Europea insieme ad altri pareri a cura di istituzioni, organizzazioni, imprese e cittadini. L'obiettivo del regolamento è di preservare l'efficacia di alcune classi di antimicrobici, riservandone l'impiego alle cure per le persone. Si tratta in particolare dei cosiddetti antimicrobici CIA (Critically Important Antimicrobials) che in alcuni casi rappresentano l'ultima opzione di cura a fronte dell'aumento delle resistenze antimicrobiche in medicina umana.

Secondo l'ANMVI, la classificazione AMEG è un ragionevole compromesso fra la classificazione dei CIA dell’OMS e quella dell’OIE. Questo è stato anche il punto di vista della Federazione dei Veterinari Europei (FVE) che ha partecipato ai lavori della classificazione AMEG. ANMVI ne condivide l’assunto di fondo: regolamentare (per esempio ricorrendo ai test di sensibilità) è preferibile ad una logica di radicale divieto.

Nella elaborazione dei criteri per riservare gli antimicrobici all’esclusivo uso umano, l'ANMVI suggerisce alla Commissione di considerare alcune circostanze, sintetizzate in 11 punti.

1. Sussiste un interesse generale a che l’animale sia curato. Questo interesse generale è di salute pubblica, sicurezza alimentare, risparmio di spesa e sviluppo dell’economia afferente ai vari settori della sanità animale;
2. Il Medico Veterinario non è solo un prescrittore di medicinali, ma è anche e soprattutto un clinico impegnato nella prevenzione dell’insorgenza delle malattie animali. Pertanto, la prevenzione (dai vaccini
alla biosicurezza) rappresenta una leva importante dell’uso prudente degli antibiotici negli animali;
3. In Italia il monitoraggio informatizzato delle ricette veterinarie e delle somministrazioni di antimicrobici agli animali consente di disporre di dati più esatti di quelli oggi a disposizione (i dati ESVAC sono solo di
vendita, un limite già riconosciuto dalla stessa Commissione  tanto da essere in corso di revisione). I dati sulla riduzione degli antimicrobici somministrati dovrebbero essere considerati prima di introdurre
divieti e nella elaborazione dei criteri di contenimento del loro impiego;
4. Mancano alternative agli antimicrobici e test rapidi che sostengano il medico veterinario nel suo impegno ad applicare il principio dell’uso prudente, ridotto o nullo degli antimicrobici;
5. In Europa l’animale è “essere senziente” la tutela del benessere animale e dal dolore (crf. “sofferenze inaccettabili”, ex Reg. 2019/6) esige che non si creino vuoti terapeutici a scapito dell’animale in cura;
6. In Italia l’animale in cura gode di copertura penale (cfr. reato di maltrattamento e di uccisione) ed espone il Medico Veterinario al rischio di responsabilità professionale qualora l’animale non riceva idonee terapie farmacologiche, specie se salva vita, che il Legislatore non può rendere indisponibili senza tenere conto dell’ordinamento giuridico nel suo insieme;
7. Negli animali non produttori di alimenti un divieto di antimicrobici, non comportando conseguenze sulla catena alimentare, dovrebbe essere considerato solo alla luce di evidenze scientifiche, di dati di
monitoraggio dei consumi e di dati sullo sviluppo delle resistenze (evidenze e dati ad oggi indisponibili o insufficienti);
8. Nella medicina veterinaria per animali produttori di alimenti le opzioni terapeutiche sono già state fortemente ridotte. In Italia i Veterinari Aziendali hanno già dismesso alcune classi di antimicrobici
cefalosporine di 3 e 4 e chinoloni (classe B). Una ulteriore stretta potrebbe causare una perdita di efficienza dell’allevamento e un aumento dei costi di trattamento ( i.e. aumento dei tempi di sospensione);
9. Di questa complessiva riduzione delle opzioni terapeutiche, si dovrà tenere conto anche in sede di controllo ufficiale, con particolare riguardo agli animali allevati a scopo di produzione alimentare;
10. Ogni criterio e ogni misura adottata dalla Commissione, dovrebbero essere sottoposti a regolare revisione periodica, con espressa previsione di possibili allentamenti delle restrizioni precauzionali più rigide eventualmente adottate in prima istanza dal Legislatore;
11. Mancano dati e strumenti di monitoraggio sul consumo degli antimicrobici in medicina umana ( e delle resistenze) paragonabili a quelle implementate in Veterinaria; un approccio one health richiede
comparazioni fra medicina umana e medicina veterinaria, in grado di equilibrare gli sforzi per la lotta all’antimicrobico resistenza, oggi sbilanciati a detrimento delle attività terapeutiche dei Medici Veterinari.