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CONSIGLIO DI STATO

No al trasferimento diretto a una Facoltà italiana

No al trasferimento diretto a una Facoltà italiana
No allo studente rumeno che chiedeva il trasferimento diretto ad una Facoltà italiana. Il Consiglio di Stato tutela la programmazione.

Il 10 aprile, il Consiglio di Stato si è espresso in senso negativo, rigettando il ricorso di uno studente iscritto al terzo anno del Corso di Laurea in Odontoiatria presso una Università rumena, contro il diniego opposto da una Facoltà italiana alla sua domanda di trasferimento: "Non può essere ammessa l'iscrizione di uno studente che proviene da un'Università straniera a un corso di laurea a numero chiuso di un'Università italiana in caso di mancato superamento dell'esame di preselezione".

Secondo la sentenza, l'onere di superare il test di ingresso opera dunque non solo per l'accesso al primo anno di corso, ma anche, "stante l'inequivoco disposto normativo", anche in caso di accesso diretto ad anni di corso successivi, per trasferimento da altra università. "Se si consentisse l'iscrizione di studenti provenienti da università straniere – secondo il Consiglio di Stato – chiunque non abbia superato l'esame di ammissione potrebbe immatricolarsi presso un'Università straniera e chiedere, l'anno successivo, il trasferimento presso un'università italiana. Gli effetti elusivi sarebbero evidenti, mettendo a rischio la stessa effettività della funzione selettiva e di programmazione".

Il diritto comunitario non offre nessun appiglio a favore del trasferimento diretto. Il Consiglio di Stato infatti, ribadendo un analogo pronunciamento,  spiega che le pretese del ricorrente " non rinvengono alcun fondamento nell'ordinamento comunitario.  Esso garantisce infatti, a talune condizioni, il riconoscimento dei soli titoli di studio e professionali, ma non anche delle mere procedure di ammissione, né dispone la libera iscrizione a facoltà universitarie dopo l'iscrizione presso un'università di uno degli Stati membri. Lo stesso Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea " non prevede al riguardo un'armonizzazione delle disposizioni nazionali, e demanda all'Unione solo il compito di promuovere azioni di incentivazione e di esprimere raccomandazioni".

"Emerge quindi- si legge in sentenza-  la compatibilità con l'ordinamento europeo della previsione di limitazione all'accesso, da parte degli Stati membri, anche agli anni di corso successivi al primo di una facoltà di medicina e chirurgia. È perciò compatibile con esso che gli Stati prevedano la necessità del superamento, ai fini dell'accesso, di una prova selettiva nazionale ulteriore rispetto a quella eventualmente superata presso un ateneo di altro Stato membro".