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CORTE DI GIUSTIZIA UE

Benessere animale, Italia perde il ricorso per carenze nei controlli

Benessere animale, Italia perde il ricorso per carenze nei controlli
Il ricorso è respinto e la Repubblica italiana è condannata a pagare le spese del contenzioso, le proprie e quelle sostenute dalla Commissione europea.
La Corte di Giustizia Europea ha respinto "integralmente" il ricorso dell'Italia, che chiedeva l'annullamento della Decisione di esecuzione 2013/123/UE della Commissione per violazione delle norme europee sulla PAC. Il provvedimento impugnato dall'Avvocatura di Stato esclude l'Italia da alcuni finanziamenti previsti dalla Politica Agricola Comune, per circa 72 milioni di euro totali. Una imponente penalità finanziaria comminata a suo tempo dalla Commissione Europea e ora confermata dalla Corte UE.
Nel contenzioso comunitario, spettava all'Italia fornire la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità dei propri controlli o delle proprie cifre e, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione. La Repubblica italiana ha fallito su tutti i fronti.

Fondi negati per irregolarità- Le rettifiche finanziarie più consistenti (48milioni di euro circa)  sono state applicate "a causa di carenze riscontrate nei controlli del sistema di condizionalità in Italia negli anni dal 2005 al 2007". Nell’ambito dei controlli in materia di condizionalità, la Commissione ha riscontrato una "applicazione erronea di correzioni per agricoltori senza animali" e "controlli inadeguati" di vari CGO (Criteri di Gestione Obbligatoria): sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, ambiente e benessere degli animali. Le carenze hanno riguardato sia i controlli che le  sanzioni. In materia di quote latte, le rettifiche finanziarie sono legate al recupero del prelievo sul latte, mentre nell'ambito dello sviluppo rurale i fondi europei sono stati negati per "mancanza di controlli incrociati con la banca dati degli animali", e "ritardi nei controlli in loco".
A queste rettifiche finanziarie si aggiungono altri 18 milioni stornati nel settore ortofrutticolo (lacune nei controlli sull'uso di fertilizzanti e frodi nel settore ortofrutticolo) e ulteriori 6,3mln per carenze nei criteri di riconoscimento di Arbea, l’organismo pagatore della Regione Basilicata dal 2007 al 2009.

Carenze nei controlli dei CGO in materia di benessere degli animali-  La Repubblica italiana ha obiettato che la Commissione non può contestare a tutti gli organismi pagatori del suo territorio carenze diffuse nei controlli concernenti il benessere degli animali "poiché ciascun organismo pagatore ha attuato sistemi di controllo differenti".
La Corte ha invece fatto notare che le indagini della Commissione avevano dimostrato che "le attività dei servizi veterinari incaricati dei controlli dei CGO in materia di benessere degli animali non erano né note agli organismi pagatori, né ispezionate da questi ultimi, i quali sono responsabili della corretta attuazione del sistema di condizionalità".
Inoltre, secondo la Commissione, "tali servizi veterinari non avevano istruzioni precise dell’Agenzia italiana per le erogazioni in agricoltura (AGEA) riguardo ai punti da controllare. Del pari, gli organismi pagatori non sarebbero stati informati in merito alle modalità di selezione dei campioni di controllo, alle stesse modalità di controllo e di valutazione delle ipotesi di infrazione dai servizi veterinari, i quali decidevano essi stessi le sanzioni".
Peraltro, le relazioni di controllo redatte dai servizi veterinari non sarebbero state trasmesse agli organismi pagatori. Tali carenze costituiscono, secondo la Commissione, una violazione dell’articolo 9 del regolamento n. 796/2004, che prevede che gli Stati membri attuino un sistema di controllo efficace del rispetto della condizionalità.

I controlli relativi ai CGO in materia di benessere degli animali riguardano:
-i criteri relativi all’identificazione e alla registrazione degli animali
-i criteri relativi alla salute degli animali, per quanto concerne il divieto d’utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze β-agoniste nelle produzioni animali
-la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili 
-i criteri relativi alla notifica delle malattie, in particolare per quanto concerne l’afta epizootica, alcune malattie degli animali nonché misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini  e la febbre catarrale degli ovini
-i criteri relativi alla salute degli animali, in particolare per quanto concerne la protezione dei vitelli, dei suini e degli animali negli allevamenti

Campioni di controllo selezionati dai servizi veterinari- La Repubblica italiana ha fatto valere la circostanza che la selezione dei campioni di controllo eseguita sul suo territorio ha avuto l’effetto di aumentare il numero di imprese controllate e che, di conseguenza, non è stato causato nessun rischio ai fondi interessati. La Commissione, al contrario, dichiara che, per gli esercizi 2006 e 2007, i servizi veterinari ai quali le autorità italiane, ad eccezione dell’organismo pagatore ARTEA, hanno delegato i controlli in loco "li hanno svolti sulla base di una selezione da essi stessi effettuata dei controlli da eseguire". La Commissione "ne deduce che gli agricoltori selezionati non sono stati sottoposti ai controlli relativi a tutti i requisiti ad essi applicabili in materia di condizionalità". Mentre l'Italia ha fatto notare che all’epoca dei fatti non era ancora entrata in vigore una percentuale minima di controlli, la Commissione ha chiuso la questione ribadendo che " quando un regolamento istituisce misure specifiche di controllo, gli Stati membri sono tenuti ad applicarle senza che sia necessario valutare la fondatezza della loro tesi secondo cui un diverso sistema di controllo eventualmente applicabile sarebbe più efficace". La Corte ha accolto la tesi della Commissione.

Sanzioni applicate dalla Repubblica italiana- La Commissione ha riscontrato che, per quanto riguarda gli esercizi 2005 e 2006, la maggior parte delle sanzioni applicate a seguito delle infrazioni rilevate dai controlli in loco non superava l’1%, il che avrebbe rappresentato un rischio, durante tali esercizi, per i fondi interessati.
La Commissione ha anche constatato" il mancato coordinamento tra gli organismi pagatori e i servizi veterinari che hanno eseguito i controlli in loco. Detto mancato coordinamento avrebbe avuto come conseguenza, da un lato, che gli organismi pagatori non hanno potuto determinare il livello adeguato delle sanzioni da applicare, dal momento che non disponevano di tutte le informazioni necessarie che non sarebbero state loro trasmesse dai servizi veterinari, e, dall’altro, che sono state stabilite sanzioni da parte degli stessi servizi veterinari sulla base di infrazioni che, come avrebbe riconosciuto la stessa Repubblica italiana, non sarebbero state necessariamente qualificate come tali dagli organismi pagatori". La Corte ha dato ragione anche in questo caso alla Commissione.