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Piano carni ribalta l'impatto tra allevamenti estensivi e intensivi

 Piano carni ribalta l'impatto tra allevamenti estensivi e intensivi
Operazione-rilancio per la filiera italiana delle carni che alla vigilia di Expo si prepara a investire sui suoi asset: valenza economica, sostenibilità ambientale e qualità. Le rappresentanze dei principali settori (Assica, Assocarni e UnaItalia) hanno presentato uno studio che sfata vecchi pregiudizi e punta a fare chiarezza anche sul fronte nutrizionale. L'industria rivendica dunque per le carni un ruolo chiave nel modello alimentare italiano, vincente a livello mondiale. Le proteine nobili vanno a braccetto con qualità e ambiente. E la «prova» scientifica arriva dalla clessidra ambientale messa a punto dai ricercatori del Cra-Nut (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) che dimostra come l'impronta di carbonio e cioè la quantità di emissioni di gas a effetto serra generate lungo la filiera sia pari a 5,9 kg di Co2, in linea con frutta e ortaggi (5,6 kg).

Il rapporto ribalta anche la valutazione dell'impatto tra allevamenti estensivi e intensivi. Per questi ultimi la trasformazione delle deiezioni in biogas consentirebbe di ridurre al minimo l'inquinamento ambientale. Anche per quanto riguarda gli sprechi alimentari il settore delle carni, secondo il rapporto, è tra i più virtuosi con un tasso dello 0,14% contro 0,31% del settore cerealicolo e 4,67% dell'ortofrutticolo.

Ma è sui numeri che l'intera filiera (bovini, suini e avicoli) vanta un vero primato: un fatturato di 32 miliardi rispetto ai 180 dell'intero settore alimentare e 180mila addetti. E con prospettive favorevoli a livello globale: la Fao stima infatti un aumento del 60% della domanda di proteine entro il 2050.

Luigi Scordamaglia , presidente di Federalimentare e vice presidente di Assocarni, ha sottolineato che «pochi sono i paesi con un sistema agroalimentare equilibrato e sostenibile come quello italiano che può diventare un modello di riferimento per tutti. In particolare – ha aggiunto – la filiera delle carni italiane può mostrare al mondo come soddisfare il crescente fabbisogno di proteine riducendo al minimo l'impatto ambientale».

Anche per il vice ministro delle Politiche agricole, Andrea Olivero, il rapporto mette in luce con chiarezza «le strette connessioni tra il fabbisogno nutrizionale, la sostenibilità ambientale, la riduzione degli sprechi e la sicurezza ambientale e dimostra che la filiera è impegnata a costruire un modello produttivo attento».

La proposta, da inserire nella Carta di Milano, illustra la sostenibilità delle carni. La clessidra ambientale propone un nuovo approccio per valutare l'impatto ambientale di un alimento, prendendo in considerazione la quantità settimanale realmente consumata nell'ambito di una dieta corretta, in questo caso la classica e salutare dieta mediterranea. Facendo ciò emerge che la carbon footprint delle proteine (ovvero la quantità di emissioni di gas a effetto serra generate lungo la filiera), prevedendo un consumo ideale di 14 porzioni, è pari a 5,9 kg di C02 equivalente, un valore in linea con quello di frutta e ortaggi che è di 5,6 di C02 equivalente in considerazione della stima di 35 porzioni consumate.

"All'interno della Carta di Milano si deve spiegare perché il modello dell'agroalimentare italiano è vincente - afferma  Scordamaglia - e la nostra filiera su questo ha moltissimo da dire. E' possibile infatti produrre proteine nobili e farlo in maniera rispettosa dell'ambiente. Il problema futuro sarà sempre più quello di assicurare proteine nobili all'umanità considerando che, secondo le stime della Fao, si prevede un aumento del 60% della domanda di proteine da parte della popolazione mondiale entro il 2050".

Sul sito www.carnisostenibili.it è possibile trovare tutte le informazioni legate al Report e scaricare il documento completo.

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