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STRUTTURE MOBILI: NEGAZIONE SANITA’ ANIMALE

STRUTTURE MOBILI: NEGAZIONE SANITA’ ANIMALE
La quantità a scapito della qualità. E' questo il rischio clinicamente e deontologicamente non accettabile quando si parla di risolvere il randagismo con strutture veterinarie mobili. ANMVI e FNOVI sono contrarie a soluzioni già opportunamente scartate dal Legislatore, dalle Regioni e dal Ministero della Salute. Nel dibattito nazionale sull'emergenza randagismo si riaffaccia l'ipotesi di ricorrere alle strutture veterinarie mobili con modalità di intervento diverse da quelle previste dalla legge e che i legislatori, nazionali e regionali, avevano già opportunamente derubricato. L'Accordo Stato Regioni del 26 novembre 2003 sui requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi delle strutture veterinarie non ammette che ambulanze per il soccorso di animali feriti che devono sempre fare riferimento ad una struttura fissa.

"L'esecuzione di prestazioni veterinarie, addirittura di tipo chirurgico, all'interno delle strutture veterinarie mobili - dichiara Carlo Scotti (ANMVI)- è la negazione di qualunque modello di buona pratica clinica e di deontologia professionale, perché espone il paziente animale a condizioni di intervento rischiose sotto il profilo delle garanzie sanitarie ed igieniche. Non crediamo che la declassazione del randagio a essere senziente di serie B sia compatibile con una politica di salute animale degna del Terzo Millennio".

Anche la Fnovi si è duramente pronunciata contro l'ipotesi di affrontare il randagismo con mezzi per i quali vi sarebbero anche "scarse possibilità di controllo e vigilanza sanitaria", "l'assistenzialismo - dice una nota della Federazione- non risolve i problemi e li perpetua". "E' indubbia - aggiunge la Fnovi- la presenza sul territorio di una rete capillare di strutture veterinarie pubbliche e private che non giustificano la necessità di attivarne di nuove; oggi dobbiamo prevedere una razionalizzazione ed una ottimizzazione delle risorse umane ed economiche".

"La professione veterinaria - è l'invito della Fnovi- deve prendere le distanze dalla valutazione che il rischio chirurgico d'interventi fatti a tappeto su animali di cui non si conosce nulla e a cui non è possibile prestare quelle minime attenzioni preoperatorie e postoperatorie, sia comunque ininfluente rispetto al fine maggiore di sterilizzare più cani possibile, in meno tempo e a minor costo, perché tale valutazione non è etica né deontologica e non è accettabile sia culturalmente che professionalmente".

"Pensare di risolvere il problema del randagismo - conclude Scotti- con strutture mobili operative che non potranno mai garantire livelli qualitativi accettabili è per lo meno fantasioso anche perchè gli animali vaganti dovranno comunque essere catturati e quindi, a quel punto, senza alcun investimento del tutto inutile, possono essere portati all'ambulatorio veterinario più vicino. Non mancano certamente le strutture cui fare riferimento visto che in Italia abbiamo circa 7000 ambulatori privati già in grado di fornire tutte le prestazioni necessarie ad un buon livello qualitativo potendo esprimere esperienza e professionalità. Ci sembrerebbe decisamente più logico, produttivo e senza investimenti onerosi per le strutture pubbliche, prevedere una collaborazione in convenzione con le strutture private che sono in grado da subito di intervenire sul problema nel modo migliore".