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IL TESTO DELLA SENTENZA

TAR Calabria: 'irragionevole' vietare le spiagge agli animali

TAR Calabria: 'irragionevole' vietare le spiagge agli animali
Illegittimo vietare in assoluto ai bagnanti di condurre animali con sè sulla spiaggia durante la stagione balneare. Le limitazioni alla libertà personale vanno motivate.
Per il TAR Calabria (sezione di Reggio Calabria) "la scelta di vietare l'ingresso agli animali – e, conseguentemente, ai loro padroni o detentori – sulle spiagge destinate alla libera balneazione, risulta irragionevole ed illogica, oltre che irrazionale e sproporzionata".  Con la sentenza 225 del 28 maggio scorso, il Tribunale ha annullato l'ordinanza n. 9556 del Comune di Melito di Porto Salvo nella parte in cui vieta ai conduttori di animali di poter accedere alle spiagge libere durante la stagione balneare.

Il ricorso- promosso da associazioni protezioniste- lamentava che l'ordinanza non contenesse una adeguata motivazione alla base del divieto assoluto di conduzione di animali sulle spiagge libere: sia che si tratti di ragioni legate all'igiene che di ragioni legate alla sicurezza dei bagnanti , esse si sarebbero potute adeguatamente tutelare attraverso specifiche disposizioni sui comportamenti dei padroni degli animali. La mancata previsione di zone di spiaggia pet friendly sconfesserebbe un principio pur ribadito nella legislazione regionale e che si esprime nella esigenza di favorire sul territorio un corretto rapporto uomo-ambiente-animale (v. la legge regionale della Calabria n. 41 del 1990). L'Amministrazione resistente si era costituita in giudizio, chiedendo la cessazione della materia del contendere.

Limitazione personale- Per i giudici calabresi "l'amministrazione avrebbe dovuto valutare se sia possibile perseguire le finalità pubbliche del decoro, dell'igiene e della sicurezza mediante regole alternative al divieto assoluto di frequentazione delle spiagge, ad esempio valutando se limitare l'accesso in determinati orari, o individuare aree adibite anche all'accesso degli animali, con l'individuazione delle aree viceversa interdette al loro accesso". La motivazione del provvedimento "avrebbe dovuto contenere una specifica giustificazione delle misure adottate, che consentisse di verificare il rispetto del principio di proporzionalità, poiché l'Autorità comunale avrebbe dovuto individuare le misure comportamentali ritenute più adeguate, piuttosto che porre un divieto assoluto di accesso alle spiagge. Di fatto tale limitazione alla libertà personale costituirebbe un limite non consentito alla libera circolazione degli individui".

Le limitazioni vanno motivate- L'obbligo motivazionale contenuto nell'art. 3 della legge n. 241 del 1990 sancisce un principio di portata generale, al quale sono poste limitatissime eccezioni espressamente rese esplicite dal legislatore ovvero individuate in sede giurisprudenziale. Al di fuori di tali eccezioni, si applica il principio generale per cui il provvedimento lesivo deve rendere note le ragioni poste a sua base, nonché l'iter logico seguito dall'Amministrazione, e ciò per evidenti ragioni di trasparenza dell'esercizio del pubblico potere. Nel caso di specie, l'ordinanza 'balneare' impugnata è riconducibile nella categoria degli atti a contenuto generale (non avendo rilievo in questa sede se abbia o meno natura regolamentare), in quanto indirizzata ad una pluralità indeterminata di destinatari. Limitazioni all'uso del demanio marittimo dovono essere motivate, evidenziando quali specifiche esigenze vadano soddisfatte, in correlazione alle limitazioni delle libertà, che ne conseguono.

Inutili sacrifici
- Infine, il principio di proporzionalità di matrice comunitaria, immanente nel nostro ordinamento in virtù del richiamo operato dall'art. 1 della legge n. 241/1990, impone alla pubblica amministrazione di optare, tra più possibili scelte ugualmente idonee al raggiungimento del pubblico interesse, per quella meno gravosa per i destinatari incisi dal provvedimento, onde evitare agli stessi 'inutili' sacrifici.