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RICERCA

Metodi alternativi agli animali. A che punto siamo?

Metodi alternativi agli animali. A che punto siamo?
La strada è tracciata, ma le tecniche alternative alla sperimentazione animale possono essere utilizzate solo in casi particolari e specifici. Il Centro di referenza invita a cercare la soluzione "fuori da ogni integralismo".

Maura Ferrari, responsabile del Laboratorio di colture cellulari dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna. Da quando l'Istituto è diventato «Centro di referenza nazionale per i metodi alternativi, benessere e cura degli animali da laboratorio», la strada è tracciata.

Al quotidiano locale, la ricercatrice spiega che "ci sono sperimentazioni scientifiche per le quali non ci si serve degli animali. Ma ce ne sono molte che richiedono l'utilizzo di cavie da laboratorio».

Secondo la definizione di Russel e Burch del 1959, come alternativa alla sperimentazione animale si intende una qualsiasi tecnica che rimpiazzi totalmente il suo uso con tecniche in vitro, riduca il numero degli animali necessari ad eseguire un determinato esperimento, pur ottenendo lo stesso livello di informazione e, infine, affini un metodo per ridurre la sofferenza imposta sull'animale durante l'esecuzione di un esperimento.

«È presto per entrare nel merito dei dati ma, in prospettiva, si può presumere che la riduzione del numero degli ani

mali utilizzati possa aggirarsi nell'ordine del 30%» continua la ricercatrice. Ed aggiunge: «Percorrere metodi alternativi significa ridurre il ricorso alla sperimentazione sugli animali. Questo è possibile quando vengono testati prodotti destinati alla salute umana come i farmaci, i chemioterapici e i dispositivi biomedici. Ma, attenzione: ridurre non significa eliminare. In alcuni casi, ad esempio, è possibile utilizzare i due metodi - in vivo e in vitro - per giungere a risultati scientificamente validi. Ci sono altri casi, invece, in cui è già possibile ricorrere a metodi clinici sostitutivi. Lo facciamo quando ricerchiamo le biotossine algali o in alcune indagini tossicologiche: in queste situazioni possiamo ricorrere a metodi chimici».

Le tecniche alternative alla sperimentazione animale, dunque, possono essere utilizzate solo in casi particolari e specifici. «La possibilità di usare cellule di provenienza umana in vitro non risolve il problema - spiegano i ricercatori -: se è vero, infatti, che gli animali non sostituiscono l'uomo, è vero anche che le tecniche alternative non sostituiscono nè gli animali nè l'uomo. In ogni caso, lo sforzo che stiamo facendo è quello di ridurre al minimo l'utilizzo di animali nella sperimentazione scientifica».

Il lavoro prosegue, con alcune certezze: dal 2013 sarà completamente vietato l'utilizzo di animali per i test di tossicità nel settore cosmetico.

E i vaccini? «Per valutare l'efficacia di quelli destinati all'uomo, si deve dapprima effettuare la sperimentazione su animali da laboratorio, poi trasferirla su esseri umani seguendo il rigore degli studi clinici che prevedono protocolli specifici per ogni fase di sperimentazione - aggiunge -. La farmacopea prevede, tuttavia, che l'efficacia del vaccino debba essere valutata sull'ospite recettivo e, dunque, quelli che verranno usati per gli animali non possono che essere sperimentati su di essi».