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Giustizia

Le competenze sul maltrattamento animale

Le competenze sul maltrattamento animale
Un articolo apparso su una testata giuridica on line mette in dubbio che per accertare il maltrattamento animale serva un referto veterinario e sostiene che sia sufficiente "percepire" il reato di maltrattamento. La replica di ANMVI e AIVEMP: "La strada per una reale e seria applicazione delle norme giuridiche a tutela degli animali è ancora lunga".
I reati possono essere "percepiti". In particolare, per accertare quello di maltrattamento animale "basta la visione diretta (da documentare) per percepire che esiste un reato di maltrattamento". E' quanto si sostiene in un articolo pubblicato su una testata on line di diritto ambientale, a cura di due avvocati impegnati nella tesi che non sia necessario un referto veterinario, né il veterinario ASL.

L'articolo si dilunga nelle argomentazioni, ma la tesi è già tutta nel titolo: "Ma dove è scritto che un organo di polizia giudiziaria per accertare un maltrattamento di animali deve necessariamente rivolgersi ad un veterinario Asl e non può verificare gli estremi del reato in via diretta?".

La flagranza (un refuso di stampa evidentemente la "fragranza") di reato rende non necessaria- secondo gli autori- rivolgersi ad un veterinario ASL, in assenza del quale- lamentano- "è di fatto praticamente impossibile raggiungere e documentare la comunicazione di notizie al PM per tale reato". Si sostiene che il ricorso obbligatorio al veterinario ASL come unico strumento giuridico per raggiungere la prova di maltrattamento "è soltanto una prassi" che rallenta le indagini di polizia giudiziaria per "l'impossibilità di disporre in pochi minuti, nella immediatezza del fatto, di un veterinario ASL".

Secondo ANMVI e AIVEMP, questa frettolosa ansia di accertare il reato, solo "percependolo", con "autonomia di accertamento" da parte di "un organo di PG non passivo", che agisca sbrigativamente con "intuito accertativo", sulla base della "percezione comune", non è accasabile in uno Stato di Diritto, ma fa piuttosto pensare a criteri da giustizia sommaria. Che non tutelano davvero nemmeno l'animale. Non si ritiene neppure che la giurisprudenza citata dagli articolisti possa essere spinta fino a questo limite interpretativo.

E infatti, il Codice Penale (art 544 ter e articolo 727) per essere compiutamente applicato richiede conoscenza delle caratteristiche etologiche di un animale, così come- fanno giustamente notare gli autori- le condotte di maltrattamento sono interpretate dall'autorità giudiziaria ricomprendendo lesioni fisiche e psicofisiche inferte agli animali. Circostanze che richiedono l'ausilio della professione medico-veterinaria, pena l'incorrere in gravi ed erronee valutazioni, quando non in vere e proprie cantonate in cui la "percezione comune" può incorrere non essendo suffragata dalla necessaria formazione medico-veterinaria. Per non dire che "l'etologo comportamentalista" non esiste, ma esiste una medicina comportamentale veterinaria.

E inoltre, tra i compiti della polizia giudiziaria vi è anche quello, prima di inoltrare una notizia di reato, di effettuare le indagini necessarie a verificare la fondatezza delle ipotesi e acquisire le prove necessarie. Tra queste va sicuramente annoverata una perizia veterinaria (oggettiva e non sempre in linea con la percezione comune) che diventa indispensabile anche per evitare costi inutili alla giustizia. E' preoccupante inoltre l'incitazione al sequestro che può significare creare effettive sofferenze all'animale maneggiato o gestito da persone incompetenti.

Una guardia zoofila, un carabiniere o un vigile urbano non dispongono di conoscenze indispensabili all'accertamento del reato di maltrattamento animale. Indispensabili. Non solo ai fini delle garanzie procedurali (accade nelle indagini per i reati contro la persona che sia chiamato in causa il medico legale, non si capisce perché per gli animali non dovrebbe essere altrettanto), ma anche a favore dello stesso animale: un sequestro affrettato può essere esso stesso causa di maltrattamento, una "percezione" incompetente del reato potrebbe addirittura sottovalutarlo.

Del resto, gli estensori affermano che il giudice si avvarrà di una perizia per determinare l'effettivo stato dell'animale. E nel frattempo, quali sono le sorti dell'animale, quali le garanzie di affido competente? Le cronache abbondano di abbagli e cantonate che sono costate sofferenza e qualche volta decesso agli "animali maltrattati". Trascuriamo di approfondire, ma non possiamo esimerci dal farvi cenno, i casi di abuso di professione veterinaria.

In buona sostanza, ANMVI e AIVEMP sono senz'altro dell'avviso degli avvocati estensori dell'articolo quando concludono: "La strada per una reale e seria applicazione delle norme giuridiche a tutela degli animali è ancora lunga".

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